Messaggio
in codice ai Cavalieri della Giusta Azione
di Djirendra
n° 16 - 2007
Io ti conosco tu che credi
di essere sulla via, tu che passi i tuoi weekend tra
il rebirthing e il reiki, tra la biodanza e le costellazioni
familiari, tu che leggi i tarocchi e consulti I ching,
tu che mastichi di astrologia e cabala. Io ti conosco
tu che un tempo hai partecipato a cerchi e te ne sei
andata/o più o meno delusa/o, tu che fai o hai
fatto BTE, tu che sei o vorresti essere, medico, psicoterapeuta,
psicologo, Counselor sciamano, apprendista, stregone.
Io ti conosco tu fondatore, maestro, terapeuta, tu che
impari insegnando, tu che ti curi curando.
Quante esperienze hai vissuto, quanti pianti, quante
urla, quanto sudore e sangue, quanti momenti estatici,
quante intuizioni ! Per quante selve oscure sei passata/o,
quanti draghi hai sconfitto, quante principesse liberato,
quanti lupi, rospi o principi azzurri incontrato.
Quante volte hai creduto di avere finalmente compreso,
di esserti finalmente liberata/o dal passato! Quanti
propositi, quanti intenti enunciati al vento, alcuni
andati a buon fine altri meno.
Quante volte hai pensato, neanche tanto di nascosto,
di fronte ad una/un tua/o compagna/o: ma quella/o dopo
tutto i corsi e la terapia che ha fatto è ancora
lì?
Si è ancora lì! Lo sai bene che Dio può
bussare alla tua porta ma se non apri lui non potrà
entrare. Lo sai bene che si può portare l’asino
alla fonte ma non si può costringerlo a bere.
Lo sai bene che l’esperienza è importante,
ma che ancora di più conta quelle che se ne fa
dell’esperienza.
Il nocciolo della
questione
In definitiva il nocciolo della questione non è
essere sulla via ma: comportarsi come colei/colui che
è sulla via. Il nocciolo della questione non
sono le “peak esperiences”, le esperienze
trasformatrici, ma la capacità di trasformare
l’esperienza quotidiana. Il nocciolo della questione,
ricorda il saggio, non è il viaggio nello straordinario,
ma la capacità di essere straordinari nell’ordinario.
Qui ti voglio.
Come onorare la propria natura qui e ora, cioè
come imparare a trovare anziché cercare e comportarsi
come colei/colui che è in grado di trovare, cioè
come azzerare il divario tra essere e divenire, tra
tempo ed eternità, tra immagine di Sé
ed essere. Come sapere cosa si sta facendo, accettarlo
ed assumersene la responsabilità liberandosi
dal senso di colpa di non essere Dio?
Come, in definitiva, compiere la Giusta Azione.
Già ma qual è la giusta azione, chi può
dirlo, esistono linee guida che ti consentano di affermare
con una certa garanzia di validità (cioè
in modo Scientifico con la S maiuscola) che stai compiendo
la giusta azione?
Errore?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo partire dal
suo complementare: cos’è l’errore?
James Reason, professore emerito di Psicologia presso
l’università di Manchester, ci dice che:”
L’errore è il fallimento di azioni pianificate
in relazione al raggiungimento degli obbiettivi previsti”1.
Poco transpersonale come affermazione, ma procediamo.
Sintetizzando potremmo dire che tutte le definizione
di errore esistenti prevedono un certo grado di deviazione
tra ciò che è stato fatto e ciò
che avrebbe dovuto essere fatto.
La deviazione può comprendere la distanza tra
la nostra azione e il nostro intento o tra la nostra
azione e l’azione ideale.
In ogni caso, quello che solitamente succede in presenza
di errore è che chi teme di averlo commesso tende
a difendersi e chi lo ha subito tende ad attaccare,
cioè a trovare il colpevole per isolarlo, punirlo,
sanzionarlo.
In questo modo l’errore si perpetua, il transe
si cronicizza direbbe la BTE, si insatura un circolo
vizioso, il buco nero della colpa.
Ancora una volta l’errore non sta nell’errore,
cioè nell’azione sbagliata, ma in ciò
che noi ne facciamo dell’errore. Il riconoscimento
dell’errore da parte di chi lo ha compiuto lo
redime, l’accettazione dell’errore da parte
di chi lo ha ricevuto lo trasforma in dono.
Grazie alla Giusta Azione di chi ne fa esperienza, sia
da soggetto che da oggetto, l’errore trascende
se stesso e si fa giusto, in Dio tutto è perfetto
così.
Cosa significa in realtà questa affermazione?
L’errore esiste solo all’interno di un sistema
definito, limitato, sia esso la persona o una comunità
che si è data delle regole. Nell’uomo l’azione
sbagliata si caratterizza come la deliberata o meno
trasgressione ad una legge, sia essa universale, legale
o morale. In Dio l’azione sbagliata si trasforma
e dissolve nell’essenza: Am so, il mantra originario,
Io sono (questo).
Il piccolo uomo
e la Giusta Azione
Ma allora vuol dire che tutto è permesso, che
non ci sono limiti?
Nulla è permesso e tutto è permesso, nulla
è limitato e tutto è limitato, tranne
il tutto-nulla, l’unità che trascende ogni
dualità, il luogo della ricomposizione di ogni
conflitto, il tempo dove gli opposti si fanno complementari:
il Regno dei Cieli, il Nagual, il Nirvana.
Ma dov’è questo Regno dei Cieli? In nessun
luogo e in nessuno tempo, nello spazio-tempo, l’eternità
dove ogni cosa trascende se stessa, ogni dualità
si ricongiunge nell’unità.
Si va bene ma allora come posso io, piccolo uomo e piccola
donna, eroe solitario del mestiere di vivere, compiere
la Giusta Azione?
Se hai ben compreso puoi partire, nella tua vita di
tutti i giorni, dal rinunciare a difenderti da quello
che il tuo sguardo duale giudica come errore, dal rinunciare
a perseguirlo cercando un colpevole. Potrai così
semplicemente restare al suo cospetto, riconoscerlo
ed accettarlo.
Ti troverai allora in quello spazio vuoto di giudizio,
“vuoto e sveglio” dal quale affiorerà
la comprensione della vera natura dell’errore:
l’errore è uno stato di coscienza.
Riconoscendo l’errore come uno stato di coscienza
ti renderai conto che tutto dipende da te, ogni errore
dipende da te, te ne assumerai allora la responsabilità
(liberandoti così dalla colpa che è il
suo esatto contrario).
Assumendotene la responsabilità sari libero di
scegliere di compiere la Giusta Azione (o meno).
Si va bene ma cos’è questa benedetta giusta
azione?
Della via non si può dire cosa sia, si può
dire a cosa assomigli, cosa non sia e come percorrerla.
Proviamoci insieme:
Tu come chiunque a questo mondo hai a disposizione uni
strumento semplice, efficace e assolutamente scientifico
per saperlo.
Di fronte a qualsiasi evento, resta, ascolta, osserva,
accettalo e non giudicare. (Sono infinite le tecnologie,
tradizionali e di nuova concezione, che ti dicono o
pretendono di dirti come percorrere la via, ma tutte,
ridotte all’essenza, condivideranno l’ammonimento).
Presto o tardi ti ritroverai in quello spazio “vuoto
e sveglio” dove potrai riconoscere, cosa non sia
la Giusta Azione. Giusta azione non è tutto ciò
che blocca il tuo respiro, contrae il tuo corpo, riempie
la tua mente, appesantisce il tuo cuore, imprigiona
la tua anima. Giusta azione non è calcolo, strategia,
tornaconto, Giusta Azione non è tutto ciò
che nasce dalla paura.
A cosa assomiglia?
Assomiglia alla fiducia, madre della libertà
e a tutti i suoi figli.
Nominiamone alcuni: amore, compassione, unità,
luminosità, pace, benevolenza, fludità,
coraggio condivisione, solidarietà, semplicità,
naturalezza, leggerezza, intento puro.
In assenza di tali condizioni il Cavaliere (il termine
femminile dama suona male, ma vale anche per la donna)
della Giusta Azione, si ferma, resta, ascolta, osserva
e attende che la sorgente riprenda a sgorgare prima
di agire.
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